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13/06/2024

E ti vengo a cercare

Presso il circolo Noi di Casette incontri formativi dedicati a chi vuole fare la differenza, per adulti, educatori coinvolti in ambito sociale-scolastico, sportivo, religioso, formativo-educativo e chiunque voglia mettersi in gioco.

Per maggiori info vedi il pragramma seguente: clicca qui

14/02/2024

Caritas

Possiamo portare viveri a lunga scadenza per gli ultimi che vivono accanto a noi, depositandoli in chiesa nel cestone della Caritas.

Per ulteriori informazioni: clicca qui

15/09/2023

Lettera pastorale "Sul silenzio"

La prima lettera pastorale del Vescovo Domenico. Il documento si concentra sul tema del silenzio e, attraverso di esso, introduce alcuni indirizzi pastorali ed ecclesiali su cui l’intera Chiesa di Verona è chiamata a riflettere.

Per scaricare la lettera "Sul silenzio": clicca qui



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La Chiesa Parrocchiale

La facciata e l'esterno

La Chiesa di Vigo, con l'imponente campanile, sorge, rivolta ad occidente, nel centro del paese. Testimonianza delle amorevoli cure di tanti ottimi parroci, si presenta come un edificio sacro dalle nobili forme architettoniche. La facciata fatta erigere nel 1857 durante l'ampliamento della vecchia chiesa, pur mancando di un sagrato di adeguata ampiezza che permetta di coglierne tutto l'insieme, appare semplice e solenne, senza essere pesante. Di stile neoclassico presenta un frontone triangolare, retto da quattro semicolonne corinzie. Al centro una vetrata a semiluna e sotto una grande lapide rettangolare in marmo bianco con la dedicazione della chiesa: si legge DOM, che significa Deo Optimo Maximo (a Dio ottimo e il più grande), in quanto come tutte le chiese è dedicata a Dio.
A caratteri più piccoli vi è poi la scritta con il nome del santo patrono:
SAN MARTINO VESCOVO E MARTIRE (sebbene sia morto nel suo letto, San Martino viene considerato dalla chiesa un martire).
Sotto vi è un piccolo frontone triangolare e una lapide con la scritta: Templum refectum et exornatum A.D. MDCCCLVII (1857).
Tra le quattro colonne della facciata vi sono poi delle nicchie per la sistemazione di due statue (forse quelle raffiguranti San Martino e Sant'Antonio da Padova poste sull'altare del battistero) che però non furono mai usate. Sul timpano vi sono una cinquantina di rosoni bianchi e ai lati del portale due croci di marmo rosa simili a quelle poste alle pareri interne della chiesa. La decorazione del grande portale di legno con scene della vita di Gesù e di S. Martino fu affidata da don Attilio al falegname Bertelli Lionello. Un piccolo ma elegante basamento in pietra bianca venne sistemato sul sagrato da don Franco. Sul lato destro della chiesa la grande piazza, oggi asfaltata, fino al 1965 presentava un muretto con un'alta e robusta cancellata in ferro la quale venne requisita in tempo di guerra per necessità belliche, come successe per tante altre cancellate e ringhiere.
Al centro della mura si aprivano un cancello e un cancelletto, che nei giorni feriali venivano tenuti chiusi mentre la domenica venivano aperti per permettere ai fedeli di entrare in chiesa dalla porta laterale. A sinistra della piazza si trova la casa del sacrestano, che un tempo ospitava anche il curato, oggi di proprietà Lonardi. Questa un tempo aveva davanti a sé un cortile, limitato verso la strada e a sud da una vecchia mura e verso l'asilo da una rete. La piazza veniva ricoperta ogni tanto da un velo di ghiaia o di “marogna” che proveniva dai forni dello zuccherificio di Legnago.
Sul lato della chiesa rivolto verso la piazza si possono vedere una semiluna, tombata da mattoni, resto di una vecchia finestra laterale e alcune pietre bianche che servivano come scalinata per una porta. Sempre su questo lato, sopra l'attuale porta laterale, i resti del campanile dell'antica pieve. Sul lato sinistro della chiesa vi è la sala del circolo ricreativo, un tempo l'Oratorio, luogo sacro e di culto destinato all'insegnamento della dottrina ed ad alcune celebrazioni. Nell'oratorio vi era posto un piccolo altare e la grande statua lignea della Madonna Assunta in cielo (attualmente situata nella cappellina feriale).
Da esso si poteva entrare in chiesa attraverso una porta posta sull'altare del battistero (se si osserva è ancora possibile vedere la sagoma) o attraverso la nicchia dove attualmente è esposta la statua di Santa Teresa. L'oratorio serviva anche per radunare le giovani dopo la santa messa o per prepararle per qualche processione. In seguito l'oratorio venne isolato dalla chiesa e adibito prima a palestra poi a circolo ricreativo.

La parte interna della facciata con le due cappelline laterali

Entrando nella chiesa, ad un'unica navata, dalla porta centrale non si può non notare la spiccata altezza, sproporzionata alla sua lunghezza e larghezza. Con i continui allargamenti e rifacimenti la chiesa fu rialzata e allungata e così non segue più un canone architettonico di dimensioni. Ciò non toglie la bellezza e l'eleganza che dimostra ad un primo impatto e la luminosità dello spazio con una decorazione sobria ed elegante che attenuano, almeno in parte, la disarmonia delle proporzioni; di grande rilievo le due imponenti colonne e le due semicolonne che sembrano sorreggere la parte interna della facciata ed il soffitto con arcate e vele.
Attualmente le colonne sono lisce ma prima del restauro compiuto da don Attilio, queste erano tutte scanalate verso l'alto.
A sinistra del portale si trova l'altare di Sant'Antonio.
Un tempo ospitava il battistero in pietra bianca, poi fatto togliere da don Attilio, perché molto rovinato.

Altare di Sant'antonio da Padova

Sempre in questo piccolo altare si trova una porta a muro che serviva per andare nella cantoria a balaustra in legno, uno spazio posto sopra la porta dove la corale andava a cantare durante le celebrazioni. La cantoria venne fatta togliere da don Franco quando fece sistemare la parte interna del portale. Nel lato opposto si trova una nicchia con la statua di Santa Teresa d'Avila, da poco fatta restaurare; era una porta che conduceva nell'oratorio e all'esterno.

Altare di Santa Teresa d'Avila

Alle pareti del tempio, acquistata da don Franco, la Via Crucis in bassorilievo ligneo, proveniente dalla Val Gardena assieme alle statuine del presepio usate per il grande presepio artistico che viene fatto ogni anno nel periodo natalizio. Sopra la via Crucis vi sono delle croci in marmo rosa che vennero poste per la consacrazione della chiesa l'undici ottobre del 1948. Sui muri, oltre ad essere stati posti dei marmi rosa e bianchi per nascondere l'umidità, si può notare la decorazione delle finte colonne e stucchi con grandi candelabri con cigni ed angeli commissionata da don Micheletto al pittore Riccardo Piccoli da Verona nel 1906. Tutta la chiesa venne poi ridipinta da Giacinto Menini e Bruno Carretta su commissione di don Attilio.
Sempre sulle pareti laterali del tempio si possono vedere dei porta stendardi in ferro, due per lato e poi altri quattro più piccoli vicino alle due cappelle laterali. Questi servivano per posare i vari stendardi e bandiere che venivano portati durante le processioni solenni. Durante queste celebrazioni infatti, all'inizio veniva portato l'antico gonfalone della parrocchia. Retto da tre confratelli del Santissimo, uno dei quali teneva l'asta e gli altri due le corde che partivano dall'apice per il bilanciamento, il gonfalone era un' imponente bandiera con lo stemma di San Martino a cavallo che poi veniva posto al fianco dell'altare maggiore. Vi erano i giovani di azione cattolica con una fascia rossa le bandiere e lo stendardo di San Luigi, le ragazze di azione cattolica con lo stendardo di santa Agnese, i ragazzi della prima comunione e i bambini dell'asilo con un piccolo stendardo azzurro e la figura dell' angelo custode. Seguivano le spose cristiane e le vedove che portavano un nastro viola con una medaglia e lo stendardo in velluto viola della madonna addolorata e le figlie di Maria vestite di bianco con le bandiere e con lo stendardo della Vergine. All'entrata in chiesa gli stendardi venivano posti sugli appositi porta bandiere e subito il piccolo tempio si dipingeva di un miscuglio di colori e dipinti.

Le cappelle laterali con i due altari

Di grande rilievo architettonico le due cappelle laterali, fatte costruire da don Cadi durante la ricostruzione della chiesa nel 1854.
La cappella di sinistra, separata dalla navata da una piccola balaustra in marmo rosa e bianco ospita in una nicchia, attorniata da un bellissimo altare in stile barocco. La piccola mensa presenta in rialzato un tabernacolo in stile povero, senza decorazioni, e subito sopra si viene a formare una esedra di tre lati con quattro colonne con capitelli corinzi.
L’attuale tabernacolo non è l'originale dell'altare; durante il ministero di don Attilio, il tabernacolo che era posto sotto la nicchia della Madonna, decorato in oro e argento e con una croce d'argento, venne tolto e sistemato sull' altare della chiesetta feriale. La croce è stata posta su un palo dorato e attualmente viene usata per precedere le processioni liturgiche.
Durante poi le grandi festività si attaccavano sull'altare due grandi porta candele in legno e venivano sistemati quattro grandi anfore con fiori. Le anfore vennero poi usate per sostenere la tavola dell'attuale altare maggiore.

Le colonne ai lati dell'altare sorreggono un architrave con angeli in marmo e al centro la colomba dello Spirito Santo.
La nicchia, protetta da un vetro e dipinta di cherubini conteneva fino a qualche decennio fa la statua della Madonna Assunta in cielo.

Questa statua, molto cara ai parrocchiani di Vigo, veniva portata in processione durante la chiusura della celebrazione del mese di maggio. In seguito, dopo il restauro dell'altare, la statua venne sostituita con quella della Madonna in trono col Bambino, l'attuale.

Altare della Madonna in trono col Bambino Durante il triduo pasquale, nel giovedì santo il parroco porta l'eucaristia su questo altare, che viene tuttora adibito a santo sepolcro. Un tempo, lungo il piccolo tragitto che il parroco compiva con il santissimo un chierichetto teneva sopra di lui un ombrellino per processioni del 700.
Nell'altro lato si trova la cappella con il fonte battesimale in marmo rosa, comprato da don Attilio quando spostò il battistero in questa parte della chiesa.
Anche qui la piccola balaustra chiusa però da un cancelletto in ferro, un tempo posto a chiusura della balaustra dell'altare maggiore, racchiude l'imponente altare, anche questo di stile barocco, simile all' altro ma con sole due colonne che sorreggono l'esedra e non presentante il tabernacolo. L’altare ospita una pala ad olio della Madonna del Rosario.
Questo quadro, fatto restaurare da don Carlo, venne ritenuto opera di Felice Brusasorzi, pittore veronese del 1600.
Il Da Persico, nei suoi scritti, affermava infatti che nella zona di Legnago vi era un quadro mariano del Brusasorzi e quando il pittore legnaghese Giuseppe Zattera nel 1878, seppur malamente, lo restaurò, in basso a destra scrisse l'attribuzione al famoso pittore veronese.
Dopo il recente restauro (il quadro era ormai in uno stato avanzato di deperimento), quando venne tolta tutta la copertura e le rifiniture fatte dal Zattera, riportando così il quadro al suo stato originale si ritenne dubbia, se non impossibile, la mano del Brusasorzi. Non per questo non sì può non restare colpiti dalla bellezza e riflessione religiosa che esso esprime. Il quadro raffigura la Madonna del Rosario col Bambino in cielo tra gli angeli contemplata dai Santi Domenico e Martino.
La Madonna tiene alla mano destra i tre rosari (gaudiosi, dolorosi e gloriosi) e li sta consegnando a San Domenico, posto alla sua destra con il giglio in mano ed il vestito del suo ordine.
Alla sinistra della Madonna vi è San Martino, con il pastorale ed un libro (forse il vangelo) in mano. Ai suoi piedi la mitra e nello sfondo un paesaggio di montagna con delle case e un ponte (usato in molti quadri come simbolo di unione ed alleanza tra l'uomo e Dio) con tre uomini che sembrano tornare dal lavoro dei campi (uno porta sulle spalle una fascina di legna). Sempre durante il restauro si venne a sapere che il quadro venne tagliato per incastonarlo nell' attuale altare, senza però rovinare la prospettiva, e che molto probabilmente era posto dietro l'altare maggiore.
Ai lati del quadro, in fianco le due colonne vi sono due statue in pietra che furono poste successivamente alla sistemazione dell'altare e che raffigurano i Santi Antonio e Martino.
Sant'Antonio, posto a sinistra, con il saio francescano e con il simbolo del sole posto nel petto, tiene in mano un libro e una chiesetta. Il libro perché durante la sua beatificazione venne dichiarato Dottore della Chiesa e la chiesetta che forse rappresenterebbe l'antica chiesa prima del grande restauro di don Pietro Carli. Questa chiesetta sarebbe l'unica testimonianza di come era fatta l'antica pieve in quanto non sono stati trovati disegni o piante che mostrino il precedente edificio.
Dall'altro lato la statua di San Martino Vescovo con il bastone pastorale (resta solo un piccolo mozzicone sulla mano destra perché venne rotto) e la mitra.
Tra i due santi di pietra bianca, da pochi anni venne sistemata al centro una statua in gesso di San Pio da Pietrelcina.
Comperata con le offerte di una gita pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, la statua venne benedetta da don Moreno Roncoletta e sistemata nell'altare di sinistra per il culto e la devozione di tutti i Vighesi.

Il pergamo e la tela del Santo patrono

Sempre sul lato destro della chiesa, posto dopo l'altare con il battistero si trova un artistico pergamo (pulpito in muratura aggettante da una parete) in legno dipinto con finti marmi verdi e rosa dove il parroco durante le grandi celebrazioni faceva l'omelia.

PergamoDi solito infatti veniva usato un pulpito mobile, sempre in legno, che veniva posto nella corsia centrale a circa metà chiesa.
ù, sostenuto dalle spalle dei discepoli, che parla alla folla. Subito dopo il pergamo si trova una tela del 1500 di autore ignoto, ma di eccellente sensibilità artistica che raffigura San Martino Vescovo con angelo, fatta restaurare da don Carlo.

Pala di San Martino. Ignoto 1500

La tela inizialmente esposta nel coro dietro l'altare maggiore, poi portata sulla parte sinistra della chiesa, sopra la porta laterale (se si osserva si può ancora notare la sagoma restata sul muro), venne posta dopo il restauro in questa parte della chiesa in modo da essere ammirata da tutti. Raffigura San Martino vescovo con ai suoi piedi un angelo che tiene in mano l'elmo e la spada, i segni della vita militare passata del santo.
Dietro il santo, in penombra, una colonna che sembra essere una dell'antica cattedrale di Tour, dove San Martino, implorato dalla gente, restò a svolgere il ministero di vescovo.

L’Abside e l'altare maggiore

Tra le due porte lignee che portano alla canonica, quella di destra, e alla chiesetta feriale e alla sacrestia, quella di sinistra, si trova l'abside con l'altare maggiore. Ai lati, sopra le porte, due nicchie contengono le statue in pietra dei Santi protettori dalla peste; San Rocco, per la peste trasmessa per contatto, e San Sebastiano, per la peste trasmessa per l'aria. Sebbene non vi siano documenti scritti riguardo la grande epidemia di peste del 1631 si può vedere come i vighesi abbiano avuto timore per questo morbo e come abbiamo risposto con la fede a questo tremendo flagello tanto da porre le statue dei protettori dalla peste ai lati dell'altare maggiore e di aver costruito a pochi metri dalla chiesa un capitello intitolato a San Rocco.
Dobbiamo poi ricordare che dalle prime visite pastorali è stato possibile sapere che a Vigo esisteva una società di San Rocco e a lui era anche dedicato un altare.
Ancora oggi poi, durante la festività del santo, viene ancora esposta in chiesa una antica statua lignea e che raffigura il santo appestato con il fedele cagnolino che ogni giorno gli portava il pane.

Abside e Altare Maggiore Durante le grandi feste, dove venivano usati i gonfaloni e gli stendardi vi erano due grossi stendardi dipinti dal pittore Menini che andavano posti sopra le due nicchie, coprendo le due statue e che raffiguravano San Sebastiano e Santa Agnese.
L'abside risulta piccolo e sproporzionato rispetto alla lunghezza della chiesa, ma completo in ogni sua decorazione e bellezza. Più alto di tre scalini rispetto al pavimento della navata, un tempo era racchiuso da una balaustra di marmo e ghisa fusa e si poteva passare attraverso un cancelletto, sempre in ghisa, posto al centro. Durante la comunione la gente si inginocchiava attorno a questa balaustra per ricevere l'eucarestia. Con il passare del tempo e con le nuove regole del Concilio Vaticano II, dove la messa doveva essere svolta con il parroco rivolto verso i fedeli, l'abside racchiuso dalla balaustra risultava abbastanza stretto. Venne così tolto da don Attilio che pose sul pavimento, come segno del vecchio muretto, del marmo verde e, al centro, un grande altare in legno retto da quattro anfore, un tempo eleganti fioriere.
Ai lati dell'altare vi è l'ambone e un piedistallo per il cero pasquale; per questi vennero usati due angeli dorati in legno e che un tempo erano posti sul muro, ai lati dell'altare; dovevano reggere i drappi di stoffa rossa bianca con strisce dorate che venivano messi sopra l'altare nelle grandi festività. Sulle pareti ai lati dell'altare vi sono due tabernacoli; quello di destra, ornato con un ramo di ulivo, racchiude i sacri olii santi, in quello di sinistra, ornato con una foglia di palma, contiene varie reliquie di santi tra le quali quella di San Martino, San Rocco, San Luigi, San Domenico e Sant'Antonio da Padova.
Al centro dell'abside, dietro il seggio per il sacerdote, il grande altare maggiore con il tabernacolo in marmo della seconda metà dell'ottocento, acquistato da don Pietro Cadi assieme ai due altari delle cappelle laterali. Nel 1948, per la consacrazione della chiesa, don Eugenio Franco rivestì l'altare in marmo, acquistò le due porticine del tabernacolo e ne fece indorare l'interno. Dietro l'altare venne posta una lapide in marmo bianco con la scritta di consacrazione della chiesa da parte di don Oreste Rauzi, vescovo ausiliare di Trento, l' 11 ottobre del 1948. Si legge poi "Altare Privilegiatum" in quanto con questa scritta l'altare doveva avere avuto delle particolari indulgenze.
Ai lati del tabernacolo sei grandi candelieri e quattro reliquiari, che fino a qualche decennio fa contenevano alcune reliquie tolte poi da don Attilio, e messe in uno dei tabernacoli laterali, che inserì al loro posto delle immagini di santi.
Al centro, sopra il tabernacolo la grande croce lignea, di particolare bellezza, che raffigura il Cristo morto. Il Venerdì santo la croce viene tolta, baciata dai fedeli e portata poi dal sacerdote nell' altare della deposizione.
In tempi passati, durante tutta la quaresima, dalla croce partivano dei veli che andavano poi a coprire tutte le croci e le statue che vi erano in chiesa.
La croce viene tolta anche durante le quarant'ore, dove al suo posto viene posto un baldacchino in legno dorato con angeli e candele dei primi dell' ottocento per la deposizione dell'ostensorio.
Sulla parte dietro del baldacchino vi è la scritta: Salvato dalla rotta dell'Adige 1'8 settembre 1882. Assieme a questo un tempo veniva posto anche l'apparato delle quarant'ore, acquistato in un secondo momento da don Micheletto, oggi misteriosamente perso. Il parroco per deporre l'ostensorio saliva con una scala da dietro l'altare, apriva la porticina dietro e poneva la santa eucaristia. Questo fino a don Franco; con don Attilio e don Carlo, il parroco, aiutato dal sacrestano Bruno, saliva con una scaletta bianca sopra l'altare e deponeva l'ostensorio dal davanti. Con don Moreno l'apparato per le quarantore non è stato più usato e l'ostensorio veniva posto sopra l'altare maggiore.
Dietro l'altare, tre grandi finestre ovali contengono le canne dell'organo e portano in una stanza esterna all'abside dove è contenuto tutto l'apparato organario.
Nel 1945 don Franco comprò l'organo Ruffati che venne posto nel coro dietro l'altare. Questo occupava tutto il coro e a mala pena i coristi ci stavano durante la messa; dietro l'organo, appeso alla parete, si trovava il grande quadro di San Martino e ai lati due finestre a mezzaluna.
Con don Attilio, quando l'organo venne restaurato, venne costruita una camera esterna alla chiesa e comunicante con l'interno con tre finestroni. Qui vennero poste tutte le canne dell' organo e alcune furono messe come sfondo alle grandi finestre. La consolle restò dietro l'altare e venne così creato un ampio spazio sul coro per i coristi. La tela del santo patrono, non potendo più essere posta nella sua sede originale venne appesa sopra la porta laterale.

Il soffitto, le vetrate e la cupola

Alzando la testa si può notare la volta della chiesa, formata da una serie di vele. Il soffitto è poco decorato e scuro, vista anche la poca illuminazione che gli viene data dalle luci. Vi sono poi otto vetrate. La prima che si affaccia sulla facciata della chiesa è di stile moderno. Di recente manufatto venne cambiata pochi anni fa da don Carlo in quanto la precedente si era rotta dopo un tremendo temporale. Le quattro laterali raffigurano gli Evangelisti nell'intento di scrivere il Vangelo e dietro di loro vi sono i loro simboli. Comprate da don Franco vennero poi sistemate da don Carlo che tolse il prezioso vetro piombato che le circondava per sostituirlo con del vetro normale. Questo per dare un po' più di illuminazione all'interno dell' edificio.

Una delle quattro vetrate, quella di San Marco, venne in gran parte oscurata dall'ultimo e recente restauro del tetto della canonica.

Altre due vetrate sono poste nelle due cappelle laterali e raffigurano entrambe il cuore Immacolato di Maria. Un'ultima vetrata si trova infine sull'altare maggiore. Anche questa è di recente manufatto e non presenta raffigurazioni.
Sopra l'altare maggiore si erige una piccola cupola con al centro un dipinto della colomba dello Spirito Santo.

La chiesetta feriale e la sacrestia

Chiesetta feriale Entrando nella porta laterale, alla sinistra dell' altare, si entra nella chiesetta feriale costruita nei primi del 900, anch'essa rivolta ad occidente.
Di particolare bellezza l'altare con vari marmi colorati ed il piccolo tabernacolo fatto spostare da don Attilio dall'altare della Madonna. Durante l'ultimo restauro compiuto dal parroco don Moreno, il soffitto, gravemente danneggiato dall' acqua, crollò. Con esso furono persi alcune pitture dei primi del Novecento, di poco valore, ma di grande bellezza: quattro tondi posti ai lati con le figure dell' agnello, della lampada accesa, del giglio e della veronica (il fazzoletto con impresso il volto del Cristo).
L’attuale soffitto presenta delle nuove ed eleganti pitture, simili alle precedenti, compiute dal pittore Menini Sergio di Vigo e raffiguranti l'agnello, il tralcio d'uva, la veronica e il libro aperto della Sapienza. Al centro, sopra il dipinto di un'ancora, è stato posto un elegante lampadario.
Nella parete laterale verso il campanile sono posti i quadri della madonna Assunta in cielo e l'ovale in stoffa di San Martino, fatto incorniciare da don Moreno, che era posto al centro dell'antico gonfalone della parrocchia.
Nella parete verso la chiesa vi è un quadro con l'immagine del beato Giuseppe Baldo, il fondatore delle suore che operarono a Vigo presso la scuola materna. Sempre vicino alla parete verso il campanile si trova l'antica statua lignea della Madonna Assunta in Cielo, un tempo posta nell' oratorio in fianco alla chiesa e portata alle processioni dentro una teca di vetro. Nella parete opposta all'altare vi sono le lapidi e le foto a ricordo dei parroci di Vigo defunti:
don Domenico Scapini, don Eugenio Ferrarini, don Pietro Carli, don Tomaso Micheletto, don Eugenio Franco e don Attilio Gobbetti.
Sempre in chiesetta è riposto un tavolo dove sono posti alcuni quadretti. Di particolare importanza vi è la CARTA GLORIAE, una cornice che veniva posta a destra del tabernacolo dove il parroco, rivolto verso di esso nelle celebrazioni latine, leggeva o cantava il Gloria.
Dall'altro lato vi era un'altra cornice (oggi persa) che veniva chiamata CARTA EPISTOLAE. In essa vi erano le letture delle epistole.
La chiesetta un tempo era l'antica sacrestia; essa conteneva ai lati grandi armadi e in un angolo vi era il lavatoio in marmo rosa (ancora presente vicino la porta che porta alla nuova sacrestia). Questo serviva al parroco per lavarsi le mani prima di ogni celebrazione.
Tra le due porte che conducono alla chiesetta un tempo vi era un corridoietto e una porta che andava a finire sulla piazza in fianco al campanile.

La nuova sacrestia, un tempo il confessionale maschile, è stata recentemente restaurata dal parroco don Moreno. Essa presenta un crocefisso ligneo di particolare bellezza restaurato sempre da don Moreno, la statua di san Giuseppe col bambino che viene posta in chiesa durante la sua festività e la statua del Sacro cuore che un tempo veniva portata in processione.
Su una parete si trova anche il quadro raffigurante San Benedetto del pittore Facchin Roberto.

Vigo ringrazia i propri parroci

Ed ecco la chiesa di Vigo, edificio ed opera grandiosa, nel suo insieme bella ed elegante, frutto del sacrificio di tanti amati parroci, ognuno con le proprie idee, intenzioni, stili ma tutti legati all'amore per la comunità di Vigo. Parroci che, chi per molto tempo, chi per soli pochi anni di permanenza, saranno sempre ricordati dalla comunità per la loro disponibilità e per l'affetto che hanno portato lungo i secoli ad un piccolo paese che era nato nel bel mezzo delle paludi della bassa, composto da un centinaio di persone e che ora, a circa 1700 abitanti riesce ancora a partecipare con fervore alla vita religiosa della comunità. Parroci che, come disse il Vescovo per il funerale di don Attilio, non solo saranno ricordati per le pietre della chiesa che tanto hanno abbellito e costruito ma anche per le pietre vive di questa comunità, per i suoi abitanti che tanto hanno amato e assistito nei momenti belli o tragici che si sono susseguiti lungo la storia. Qui di seguito è stato fatto un elenco di tutti i parroci di Vigo dalla fondazione a parrocchia ad oggi. Alcuni di essi non sono stati citati in questo libro o non è stato dato a loro una particolare importanza. Questo perché è stato trovato poco materiale che potesse ricordare e ricostruire la loro storia. L’intero paese di Vigo li ringrazia per il loro operato, come pure ringrazia i curati che per tanti anni hanno assistito e affiancato i vari sacerdoti.

Parroci di Vigo:

1451 Gerolamo Mandello
1460 Ugolino
1526 Domenico de Rochis
1552 Domenico Collato
1579 Francesco Buscherio
1594 Ottavio Collato
1606 Domenico Mazzini
1652 Pietro Martino Gioia
1662 Tommaso Soardo
1679 Giò Batta Chiotti
1694 Pietro Nicoletti
1733 M. Antonio Canneti
1770 Domenico Carcereri
1788 Domenico Canneti
1802 Francesco Martinelli
1812 Domenico Scapini
1848 Eugenio Ferrarini
1854 Pietro Carli
1897 Tomaso Micheletto
1937 Eugenio Franco
1956 Attilio Gobbetti
1985 Carlo Cristani
1999 Moreno Roncoletta
nov. 2003 Dario Ferro
sett. 2004  Giovanni Gennaro
…. Lino Ghirelli

Fonte:

Il contenuto di questa sezione è stato tratto dal libro "Vigo nel Tempo" di Davide De Gani.

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