Parroci di Vigo:
Don Gerolamo Mandello: Giovedì 10 giugno 1451, ad opera di don Gerolamo Mandello, la rettoria fu eretta a parrocchia con decreto del vicario generale della diocesi, canonico Bartolomeo Cartolari, il quale concesse pure la facoltà del fonte battesimale, data la lontananza dalla chiesa di Legnago, e la pericolosità di accesso alla fortezza durante le guerre.
Così riferisce parte del decreto:
... poiché è necessario che i bambini da battezzare siano portati da Vigo alla soprascritta pieve di Legnago che dista due miglia dalla predetta chiesa di Vigo. E poi che la detta pieve è dentro al castello di Legnago le cui porte vengono chiuse, sicchè, presentandosi le necessità di battezzare i detti bambini di notte, non si può entrare nel detto castello. Inoltre che, per la lontananza di quei luoghi e soprattutto d'inverno per il vento, la pioggia e la mota, ovvero il fango, è difficile e pericoloso portare i detti bambini da battezzare da Vigo alla predetta pieve ...
Dal decreto è possibile notare che l'autorizzazione avvenne da parte del vicario generale della diocesi canonico Cartolari e sotto l'egida di mons. Antonio, vescovo di Gubbio, che in quel tempo faceva le veci di vescovo di Verona. Martedì 22 giugno 1456, nel palazzo episcopale di Verona, nella camera da letto del vescovo, davanti al nuovo eletto vescovo di Verona Ermolao Barbaro e di Bonadusio Uretuani, abitante di Vigo scelto dalla comunità come loro rappresentante, il decreto venne riconfermato.
Il parroco così si insediò nella rettoria di Vigo prendendo dimora stabile. Restò a lui l'obbligo di recarsi settimanalmente alla pieve legnaghese per celebrarvi due messe. Inoltre, era tenuto a partecipare con i fedeli alle solenni processioni, con cotta e croce, che si tenevano a Legnago.
Nel caso di mancata osservanza il rettore, per pena, doveva dare due libbre al sacrestano di Legnago per quella chiesa. Non sempre questi adempimenti venivano osservati e così capitò più volte che l'arciprete di Legnago ed anche la stessa amministrazione municipale si lamentassero con il vescovo nei riguardi del rettore di Vigo.
Il parroco inoltre, in via ordinaria, doveva amministrare il battesimo il sabato santo, quindi, nella mattinata doveva portarsi a Legnago per aiutare il parroco e gli altri cappellani nell'amministrazione dei battesimi di quella chiesa. Sempre nella stessa occasione riceveva dal parroco di Legnago i sacri olii.
Don Ugolino: Nella prima visita pastorale del 7 ottobre 1460, il vescovo Matteo, titolare di Tripoli e incaricato del vescovo di Verona Ermolao Barbaro, constatò che il parroco don Ugolino, da poco successo a don Mandello, riscuoteva la fiducia della popolazione e che la chiesa si era fornita di paramenti sacri ben conservati. L'edificio nella sua struttura era ben tenuto e da un lato possedeva anche un campanile. Al suo interno la chiesa aveva l'altare maggiore dedicato a San Martino e gli altri altari dedicati all'Immacolata Concezione, a San Giorgio e a San Rocco. Esisteva inoltre una confraternita della Madonna Immacolata Concezione con numerosi e ferventi associati. La canonica invece aveva bisogno di grandi riparazioni, a tal punto che il vescovo Matteo ordinò che se entro un anno gli abitanti non avessero provveduto a risistemarla, il sacerdote doveva far ritorno alla pieve di Legnago e non celebrare più la santa messa in quella chiesa.
Don Domenico de Rochis: Nel 1526 arrivò ad amministrare la parrocchia don Domenico de Rochis di Casella Maggiore. Durante il suo ministero vi furono ben 5 visite pastorali compiute dal vescovo di Verona o da suoi collaboratori. Nella prima visita del 25 settembre 1526 sappiamo che il vescovo, interrogati alcuni uomini del paese sulla persona di don Domenico, constatò che era un uomo diligente, lodato da tutti e con a cuore le anime del piccolo paese. Constatò poi una società di San Rocco, della quale ordinò essere fatto uno statuto ed eletto un reggente della confraternita. Dalla seconda visita pastorale, compiuta il 7 febbraio 1529, si apprende che a Vigo vi erano circa 400 persone e che il parroco riscuoteva dalla pieve di Legnago 34 minali di frumento e 12 lire di denaro: la società di San Rocco era cresciuta e possedeva 2 campi di terra. Il vescovo ordina che venga fatto un cancelletto attorno al battistero, che sia comprato un nuovo gonfalone e che il sacerdote non acconsenta la predicazione e il rito della confessione ad altri sacerdoti senza la sua autorizzazione. Si apprende poi che il sacerdote è capace di leggere e scrivere e che "tiene scuola". Durante questa visita alla presenza del Vescovo si trovava anche il massaro Giovanni Brognoni. Da poco infatti anche Vigo, fino a quel tempo chiamato "Villa" (come Vangadizza e San Pietro) ebbe la facoltà di avere un "massaro", il quale, come delegato del sindaco, curava gli interessi della popolazione, specie quelli riguardanti la pubblica sicurezza e l'addestramento dei giovani nell'uso delle armi. Servivano infatti soldati per la fortezza legnaghese, che per economia, li aveva scelti sul posto tra i contadini delle varie frazioni. Sempre in questi anni era cresciuto anche il fenomeno del banditismo, soprattutto nelle frazioni. A Vigo, Tonino Passignan venne trovato ucciso nei pressi del suo mulino ad opera di "sei mascherati" mai identificati. In seguito, il fenomeno del brigantaggio calò, anche per le terribili pene che erano state stabilite in tutto il territorio (la forca, la tortura e la morte). Vigo intanto, vista la continua crescita demografica, ottenne dalla città di Legnago il diritto di eleggere due rappresentanti al consiglio cittadino. Nella visita del 3 ottobre del 1530 il vescovo notò che la chiesa era ben curata e che il parroco, uomo in buone condizioni di salute, oltre a recepire 34 minali di frumento da Legnago e 12 lire di denari possedeva anche 4 campi di terra. Nella parrocchia vi erano due società, una in onore della beata Vergine e una di San Rocco alle quali il vescovo concesse la possibilità di indulgenza per un anno. A Vigo si contavano circa 600 persone delle quali 350 da comunione, vi abitavano 3 famiglie di nobili e il massaro di turno era Pellegrino de Graziani, contadino del luogo. Si notava poi il mancato acquisto del gonfalone e di altri paramenti per le celebrazioni. La canonica si trovava ancora in brutte condizioni. Il 25 aprile 1532 venne compiuta un'altra visita pastorale dalla quale si apprendeva che la popolazione era rimasta stabile a 600 individui; il gonfalone era stato fatto e donato alla parrocchia dalla società della Beata Vergine. Si richiedeva, da parte del Vescovo, il rifacimento del pavimento della chiesa e la sistemazione, non ancora eseguita, della canonica. Nell' ultima visita, compiuta il 17 maggio del 1541, il vescovo lodava l'operato di don Domenico e del curato don Francesco da Vigasio, da poco arrivato in aiuto del parroco. Durante la visita era presente anche il massaro Andrea Micheli e il clerico Bonaventura, nipote del curato; la popolazione era scesa a quota 550 delle quali 365 da comunione.
1579 Francesco Buscherio1594 Ottavio Collato
1606 Domenico Mazzini
1652 Pietro Martino Gioia
1662 Tommaso Soardo
1679 Giò Batta Chiotti
1694 Pietro Nicoletti
1733 M. Antonio Canneti
1770 Domenico Carcereri
1788 Domenico Canneti
1802 Don Francesco Martinelli
Don Domenico Scapini: nel 1812 divenne parroco di Vigo don Domenico Scapini, nato a Casaleone nel 1778, ricordato da una lapide posta in sacrestia per aver guidato 1a parrocchia per 35 anni con bontà e intelligenza. Nel 1816, anno della creazione del comune di Vigo (1816-1818), don Scapini riceve la visita del vescovo Liruri. Ecco cosa viene scritto testualmente nel libro delle visite pastorali: Vigo - Sono beni della Corona, così detti e furono della scuola di San Rocco di Venezia; li amministra il signor ... di Legnago. Qui pure si vive in parte di pesca e caccia in valle. Chiesa di tre altari, priva di soffitto. Sagrestia provvista; cresime in una volta 400 e più; altre 100 incirca; dottrina buona e copiosa. (la maggior parte delle campagne vighesi, soprattutto quelle vicino alla zona Marchesa erano della scuola di San Rocco, una specie di Società Veneziana che a quel tempo aveva molti possedimenti nel Veronese. Poi, quando gli austriaci occuparono Venezia confiscarono a tutte queste scuole i vari possedimenti. Per questo motivo viene detto che adesso questi campi sono in possesso della Corona, cioè dell'Impero Austro-Ungarico. Si parla poi che la popolazione vive di caccia e pesca della Valle. Questa infatti, zona paludosa, ricchissima di pesce, uccelli e mammiferi, contribuiva a sfamare i paesi di Vigo, Vangadizza e San Pietro. Non viene mai parlato infatti di carestie in questi paesi, a differenza di quelli situati più a nord di Legnago. Soltanto dopo la bonifica della Valle e della privatizzazione delle terre da parte dei grandi proprietari terrieri, i tre paesi iniziarono un lungo e brutto periodo di fame e miseria.) Nel 1824 venne istituita la funzione annuale delle sante quarantore e nel 1833 la celebrazione della via Crucis. Oltre al parroco don Scapini vivevano a Vigo il curato Gatti Davide di Boschi Sant'Anna e il confessore Ambrosi Giovanni di Verona. Nel 1834 il Vescovo Grasser compì la sua prima visita pastorale a Vigo. In questa occasione vennero cresimati 4 adolescenti e benedette, davanti al duomo legnaghese 4 nuove campane per il campanile di Vigo. Le campane vennero chiamate rispettivamente: S. Martino, S. Sebastiano, S. Rocco, S. Domenico. Ecco una parte della visita pastorale: … 1084 anime, 779 da comunione, 40 giovani ammessi alla prima comunione in questo giorno. Non ci furono parti illegittimi ne matrimoni separati ... nei giorni festivi nel tempo delle funzioni parrocchiali si tengono chiuse le botteghe ma non così le osterie a cagione che queste vengono frequentate dai soldati della vicina fortezza di Legnago ... ogni domenica è festa di precetto e dopo il pranzo si fa la cristiana dottrina. Non esiste la scuota elementare poiché è difficile il poter trovare maestro che sia patentato ... esiste l'obbligo di due messe cantate nei giorni di San Antonio Abate e San Antonio da Padova ... (la chiesa) ha un polo pubblico oratorio contiguo al campanile dedicato al crocefisso ... due abiti per l'immagine della Beata Vergine del Rosario e tre per quella della Concezione. Un organo ... due corone d'argento e una di rame per l'Immacolata. Dieci anni dopo, nel corso della visita pastorale, il vescovo Pietro Aurelio Mutti, riscontrando che gli abitanti del paese avevano raggiunto la cifra di 1075, invitò parroco e fedeli ad ampliare la chiesa ormai insufficiente , in cattive condizioni. La chiesa aveva tre altari, uno di San Martino uno dell'Immacolata Concezione e uno della Madonna del Rosario. In fianco alla chiesa si trovava un oratorio e veniva evidenziata la presenza della confraternita del Santissimo che contava 70 iscritti. Don Scapini accolse l'invito del vescovo per l'ampliamento della chiesa e si mise all'opera, ma la morte, avvenuta il 27 giugno del 1847, all'età di 69 anni, troncò il suo generoso impulso.
Don Eugenio Ferrarini: nel 1848 successe don Eugenio Ferrarini ed iniziò subito i lavori di ampliamento ma questi si protrassero per molti anni, sia per gli sconvolgimenti storici causati dalle guerre d'indipendenza, sia per la brevità del suo ministero. Durante il suo ministero, dal l agosto al 17 settembre 1849, scoppiò un focolaio di colera che provocò 10 morti. Le condizioni igieniche del paese erano pessime e la maggior parte dei vighesi viveva con un reddito bassissimo. Don Eugenio cercò di portare conforto e solidarietà alla sua parrocchia ma dopo soli cinque anni di permanenza a Vigo morì. Sebbene la sua missione nel piccolo paese fu breve non venne mai dimenticato dai suoi parrocchiani, che posero nella sacrestia una lapide in suo onore.
Don Pietro Carli: Il 2 febbraio 1854, proveniente dalla parrocchia di Ca degli Oppi, dove era parroco, fece il suo ingesso a Vigo don Pietro Carli che riprese subito i lavori della chiesa e li portò a termine nel 1857. La chiesa fu notevolmente prolungata nella parte verso il sagrato, furono rifatti la facciata e l'interno in leggiadro stile neoclassico, fu innalzato il tetto, fu allargato il presbiterio e furono erette le due cappelle laterali. Don Carli chiese ed ottenne inoltre che la celebrazione del Santo Patrono della chiesa, San Martino, potesse essere celebrata la Domenica dopo 1'11 novembre, quando questa non cadeva proprio sulla festività del Santo. Questo, come scrive lo stesso parroco, per dare la possibilità a tutti di poter venire alla messa, anche a quelli che lavoravano nei campi. L’111uglio dello stesso anno don Carli si recò a Ferrara dove vi era in visita pastorale Papa Pio IX. Qui, dopo aver baciato il piede a sua Santità, lo supplicò di concedere l'indulgenza plenaria per un anno all'altare dell'Immacolata Concezione della sua chiesa. Il 29 luglio dello stesso mese, con una lettera autografata dallo stesso pontefice, venne concessa l'indulgenza per 300 giorni di quell'altare che ospitava una bellissima statua dell'Immacolata, ancora presente nella nostra chiesa ma non più utilizzata in quanto bisognosa di restauro. Dopo pochi anni da questo straordinario avvenimento furono costruiti i tre altari di marmo ancora esistenti. L’ampliamento della chiesa fu provvidenziale per la comunità dei fedeli che continuavano a crescere di numero, ma purtroppo la situazione economica e igienica erano veramente preoccupanti. In tutta la zona iniziò a fiorire il fenomeno del brigantaggio e delle ruberie tanto che la notte del 5 maggio 1855 la stessa chiesa venne saccheggiata da alcuni ladri; nel referto fatto dalla fabbriceria di Vigo risultarono essere stati portati via: ... dei lampadini d'argento a tre catene in anellini posti innanzi all'altare maggiore, due tendine rosse a damasco poste alle portelle tra l'altare maggiore e il coro, una pianeta violacea, tre camici di lino, una tovaglia d'altare, tutte le candele, una arcata rossa (ossia un fregio rosso che serve all'arco dell'altare) un veste talare, due camici, due asciugamani di lino... . Nel giugno dello stesso anno scoppiò il colera e il morbo seminò stragi in tutte le famiglie. I morti a Vigo, tra giugno e agosto, furono circa una cinquantina e venivano portati al cimitero su carretti, di notte e senza funerale in chiesa. Il cimitero era quello di Legnago; si dovrà aspettare il 1871 quando le due parrocchie di Vigo e Vangadizza comprarono, a metà strada dai due paesi un pezzo di terra, di proprietà di Donnini da Vangadizza, per adibirlo a Camposanto. Negli anni successivi vi fu un rapido incremento della popolazione e nel 1866, quando gli austriaci se ne andarono, i vighesi ascendevano a 1280. Il 18 settembre del 1882 alle ore 3,30 l'Adige, cresciuto in modo pauroso a causa delle innumerevoli piogge, ruppe circa 300 metri di argine nei pressi di Legnago e si riversò su tutti i territori legnaghesi. A Vigo, situato in una zona un po' più alta, l'acqua arrivò solo a sera e perciò non furono necessarie grandi opere di salvataggio. Nei mesi successivi la giunta comunale nominò una commissione, tra i quali don Pietro Carli, per distribuire i sussidi alla popolazione di Vigo. Dopo questo tragico avvenimento, che vide però Vigo solo colpito in parte, venne costruito un capitello, in onore della Madonna, sull'Argine a protezione del piccolo e indifeso paese (la tradizione vuole che la statua sia arrivata via fiume e trovata sulla riva da alcuni abitanti del posto). Nell'agosto del 1886 scoppiò ancora il colera che durerà fino a settembre dello stesso anno causando 25 morti. La comunità, ormai disperata, fece voto a San Rocco e una volta terminata l'epidemia, in ringraziamento al Santo, iniziò a celebrare con processioni e novene la festività del 16 agosto; celebrazioni che si portarono avanti fino a qualche decennio fa, con la messa solenne e poi l'uscita in processione con la statua del Santo per la via principale del paese. Si andava al capitello del Casermon e poi si tornava indietro fino ad arrivare al capitello di San Rocco, fatto erigere nella prima metà del 1600 in protezione dalla peste. Molte volte la processione era accompagnata anche dalla banda musicale e dalle autorità politiche del Comune di Legnago. Poi il voto a poco a poco venne dimenticato e non fu più fatto . Don Pietro Carli sostenne sempre i sofferenti del suo paese nei mesi delle epidemie coleriche, durante le violenti agitazioni operaie e contadine e durante gli anni della formazione dell'esercito piemontese e garibaldino per l'unità d'Italia dove molti giovani vighesi erano partiti per il fronte. Assieme a mons. Davide De Massari, parroco illustre di Legnago, fondò una cooperativa di braccianti e diede vita ad una banda musicale per i giovani. Morì l'8 novembre del 1896 dopo venti giorni di penosa malattia a quarantadue anni di servizio a Vigo e all'età di ottantuno anni. L’amore per la sua parrocchia, alla quale aveva dato tutto, soprattutto nei momenti più difficili, fu così grande che volle essere seppellito nell'attuale cimitero del paese. Sulla sua lapide, ormai rovinata dal tempo, si può ancora leggere l'iscrizione: Pregate per il vostro parroco. A ricordo del suo ministero vi è anche una lapide nella sacrestia.
Don Tomaso Micheletto:
9 novembre 1896successe come parroco, già curato e cooperatore a Vigo dal 1888, anno anche del suo ordinamento, al fianco di don Pietro Carli. Fedele alla sua vocazione non ebbe di mira se non l'onore di Dio e il bene delle anime; per questo disprezzò gli onori mondani e rifiutò importanti cariche più volte offertigli dai suoi superiori. Visse una vita ritirata, nella povertà, nella preghiera, nella meditazione. Al di fuori e al di sopra di ogni partito considerava tutti i suoi parrocchiani come figli suoi da condurre al cielo e questa sua condotta gli acquistò l'ammirazione di tutti. Nel suo aspetto severo, dignitoso, egli impersonificava l'autorità ed era obbedito da tutti i suoi figli che sotto le ruvidi apparenze ben sapevano quale tenero e amoroso cuore albergasse. Ebbe sempre somma cura al sacro edificio al quale prestò amorevoli cure: restaurò la facciata della chiesa e nel 1906 affidò a Riccardo Piccoli di Verona l'elegante decorazione interna della chiesa a chiaroscuro e a finti stucchi che ancora si ammira tra le pareti erose dall'umidità.
Nel 1908 dotò la chiesa di un concerto di cinque campane (le attuali, ma ora solo quattro funzionanti) di cui la più grossa pesava la bellezza di 12 quintali; arrivate con un treno speciale dalla stazione di Legnago vennero accolte da tutta la popolazione con una grandissima testa. Gli abitanti corsero alla stazione e con dei carri, addobbati con fiori e trainati da buoi, portarono le campane sul piazzale della chiesa. Lì furono benedette da don Micheletto e issate sopra il campanile. Vennero quindi suonate dai campanari e mai, prima di allora, vi era stato nel comune di Legnago un' armonia di campane così dolce.
La necessità di avere le campane a Vigo (da tempo le campane fatte issare da don Scapini erano ferme e piene di crepe) era divenuta così famosa che don Cecco, parroco-poeta di Terranegra, scrisse addirittura una poesia ricordata per lunghi anni in tutta la bassa veronese.
Don Micheletto compì altre opere di grande prestigio per la parrocchia: nel 1912 ampliò la sacrestia, comprò il baldacchino per le processioni (attualmente usato) e tanti altri paramenti. Donò alla sua parrocchia la bellissima statua di Maria Bambina che gli era stata data dalle Suore di Maria Bambina della casa di riposo di Legnago che sapevano che il parroco nutriva una tenera devozione alla Madonna.
Da ricordare vi è l'acquisto dell'apparato delle sante quarantore, un'imponente struttura che veniva innalzata sopra l'altare maggiore, con centinaia di candele, e finti tralci di vite e uva dorati e che, con il drappeggio che veniva posto fin sopra le volte, creava un'immagine mozzafiato. Purtroppo non vi è più traccia né dell'enorme apparato né dei drappeggi rossi e bianchi usati, forse furono venduti o rovinati con il passare del tempo.
Durante la prima guerra mondiale si prodigò in tutti i modi per lenire i dolori delle famiglie colpite dal flagello della guerra.
Nel 1917 partì al fronte come cappellano militare dei Bersaglieri lasciando la parrocchia in mano al curato e poi nel 1918 aiutò e sostenne la popolazione dal morbo della febbre "Spagnola", che in Italia fece più morti della stessa guerra.
Sempre durante la guerra, dopo la rotta di Caporetto, furono costruite trincee e piccoli ridotti sull'argine dell'Adige, alle Cortine e presso la contrada Marchesa.
La guerra finì e gli anni successivi furono di assestamento economico e politico; don Micheletto lottò in continuazione contro il diffondersi dell'anticlericalismo. Per merito suo rifiorisce la corale, la confraternita del Santissimo, delle Madri Cristiane, dell'Azione Cattolica. Attiguo alla chiesa fece costruire un salone ricreatorio, che divenne poi per tanto tempo la palestra per le rappresentazioni teatrali dei giovani del circolo cattolico "don Davide Albertario". Don Micheletto aveva anche progettato di installare l'organo, quando durante la sua ultima malattia nella notte del 9 agosto 1934, assistito da suo nipote don Tomaso, da un anno curato a Vigo, si spegneva piamente in Dio.
ètuttora esposta nella sacrestia.
Don Eugenio Franco: A succedergli nel 1934 arrivò, assieme alla mamma Adele, il papà Amedeo e la sorella Corina, don Eugenio Franco, valente predicatore e instancabile lavoratore che ebbe per la chiesa molte attenzioni: a lui toccò la sorte di veder installato l'organo "Ruffati" nel 1945, che costò alla parrocchia la somma di 38000 lire. La domenica del 26 agosto 1945 venne inaugurato con grande concerto sotto la direzione del prof. Emilio Bernardello, organista del duomo di Legnago. Così il prof. Bernardello scrive nel volantino del concerto:
"Ai cittadini di Vigo. Innanzi tutto, vive congratulazioni per l'opera organaria veramente pregevole eretta nella vostra chiesa per generoso concorso di tutti. Congratulazioni al vostro Arciprete e alla Ditta costruttrice.
Ed ora all'opera per il secondo concerto inaugurale. Per snellire il programma d'organo solo, ho chiamato attorno a me, due valorosi elementi che si esibiranno al vostro auditorio con gentile pensiero d'arte e con essi, i componenti della vostra scuola di canto, ai quali tutti spetta un vivo elogio per l'assiduità alle prove ed esecuzioni ad onore del servizio religioso. "
Don Franco fece inoltre rivestire la parte inferiore delle pareti del tempio, rovinate dall'umidità, con marmo veronese, collocò alle finestre delle artistiche vetrate istoriate raffiguranti i quattro evangelisti, nel 1937 fece rifondere la campana piccola del concerto in quanto presentava una crepa, acquistò una nuova Via Crucis, restaurò il teatro, decorò l'alzata dell'altar maggiore, installò un nuovo tabernacolo, demolì la cantoria e dotò la chiesa di splendidi paramenti.
Nel 1948 fece consacrare finalmente la chiesa, fino ad ora solo benedetta, ampliata e ben ornata, dal vescovo di Verona mons. Cardinale.
Uomo dinamico e aperto si trovava sempre a suo agio con i giovani per i quali acquistò, a nome della parrocchia, una colonia a Spiazzi di Monte Baldo. Curò con particolare impegno gli scout e li attrezzò di tende e del necessario per il campeggio estivo.
Durante il suo ministero scoppia la seconda guerra mondiale che getta nel lutto e nel dolore tante famiglie della parrocchia. Egli in questo periodo, oltre a vedere il piccolo paese danneggiato dai continui bombardamenti aerei degli alleati, visita spesso le famiglie portando coraggio e speranza a quelle madri che hanno un figlio al fronte.
Il paese accoglie poi, come del resto le altre frazioni, centinaia di sfollati legnaghesi che avevano perso la casa dai tremendi bombardamenti alleati. Arriva l'armistizio, i soldati tornano a casa, ma la guerra non è finita: i partigiani lottano contro le resistenze fasciste incoraggiate da reparti di SS tedesche. In questo periodo la chiesa e la canonica sono soggette a frequenti ispezioni da parte delle brigate nere e lo stesso parroco viene minacciato perché colpevole di nascondere partigiani e giovani vighesi che non volevano fare il servizio militare per la repubblica di Salò.
Continue rappresaglie si ebbero in questi mesi tra i tedeschi che occupavano la zona e i vighesi, soprattutto in località Belfiore.
La tensione nel piccolo paese era alta e sfociò la domenica del 1944 alla messa delle undici; mentre il parroco era rivolto verso l'altare per celebrare la messa, entrarono in chiesa le brigate nere, armate di mitra, per fare un rastrellamento.
La tensione era altissima, i fedeli impauriti e disorientati. Don Franco girandosi verso di loro, con voce tonante, gridò: " Fuori dalla chiesa, non si entra armati nella casa di Dio".
Dopo un breve silenzio i brigatisti uscirono dal tempio con un po' di vergogna e il parroco continuò la santa messa sotto lo sguardo meravigliato di tutti i suoi fedeli.
Altro merito di don Franco fu la costruzione nel 1935 dell'asilo infantile; così scrive il maestro Alberto Bologna a ricordo dei sessant'anni della scuola materna:
LA SCUOLA MATERNA DI VIGO da "I SESSANT'ANNI DELLA SCUOLA MATERNA" di Alberto Bologna
"Tra i più vivi ricordi della mia infanzia, c'è quello di una calda e luminosa domenica della tarda primavera dell'anno1935, quando, dopo la messa, il parroco di allora, don Eugenio Franco, invitò mio padre ed io, a visitare l'edificio dell'asilo infantile in quel tempo in costruzione.
Il fabbricato, ancora circondato dalle impalcature, era in via di ultimazione, giacchè stavano terminando di dare gli intonaci alle stanze interne del piano superiore. Ricordo di aver avuto un po' di timore nel salire sulle assi oscillanti delle impalcature, ma poi, visto che il papà e il parroco camminavano agevolmente su di esse, mi rassicurai e partecipai con una certa curiosità alla visita dei vari locali. Don Franco descriveva con dovizia di particolari la costruzione e dall'enfasi e dal tono di voce capivo che era entusiasta ed anche orgoglioso del lavoro compiuto. Al termine del percorso, al momento di accomiatarci, il parroco, rivolgendosi a me, mi chiese: “Quando sarà finito, verrai all'asilo?”, ma io, ignorando che cosa fosse un asilo, esitai a rispondere.
Mi venne in soccorso il papà con lo spiegarmi che esso era una scuola dove avrei potuto incontrare tanti amici ed imparare molte cose interessanti e solo allora manifestai un timido cenno di assenso.
Nell'autunno avanzato dello stesso anno, se la memoria mi sorregge, il nuovo
asilo fu aperto ed io fui tra i primi ad andarci indossando il grembiulino di cotone a piccoli quadretti azzurri e bianchi e portando la sportina (non il cestino) con la bavaglia, la merenda e qualcosa (due fette di salame, un pezzo di formaggio o altro) da mangiare dopo la minestra. L'edificio, molto più piccolo di quello attuale, si presentava molto bene, colorato in ocra all'esterno e in tenui tinte pastello alle pareti interne. Sulla facciata, che dava sul grande cortile e sulla strada, compariva una scritta a lettere cubitali: ASILO INFANTILE, seguita da un'altra di identiche dimensioni: SCUOLA DI LAVORO,
Il salone, ora adibito a refettorio, una volta era la sala più grande dell'asilo e serviva come aula scolastica e come refettorio. Era affollato da piccoli banchi in legno biposto con il piano d'appoggio inclinato e ribaltabile e dei seggiolini singoli dotati di schienale ricurvo. Al mattino c'era la scuola dove si pregava, si cantava, si recitava, si ascoltava la suora che narrava passi del Vangelo o della Bibbia. Poi su quadernetti a quadretti si disegnava, si colorava, si tracciavano pagine e pagine di aste per imparare ad usare la matita. Quindi nella tarda mattinata, se la stagione e il tempo lo consentivano, si usciva nel cortile davanti all'asilo a giocare. La vasta area ora in fianco alla chiesa era in parte occupata dal cortile, racchiuso verso la strada e in prosecuzione della facciata della parrocchiale da un muretto con un'alta e robusta cancellata in ferro, che in tempo di guerra requisirono per necessità belliche, come fecero per tante altre cancellate e ringhiere ...
Le suore distribuivano la minestra in scodelle di alluminio e si adoperavano cucchiai di ottone. Rammento ancora, con un velo di nostalgia, il profumo inconfondibile della minestra delle suore, dal gusto e dal sapore che piacevano tanto a noi bambini e che restano nella mente per tutta una vita.
Dopo il pranzo, si giocava ancora un po', poi, nei mesi da marzo a ottobre, si andava a riposare. Si dormiva seduti sui banchi, con la testa e le braccia appoggiate su un cuscino portato da casa, mentre la suora dall'alto della cattedra vegliava che tutti si addormentassero. Le grandi finestre del salone venivano schermate da pesanti tende marrone ...
Dopo una mezz'oretta si andava tutti a casa. C'era anche sul piano superiore, la scuola di lavoro frequentata da ragazze, che dopo aver terminato la scuola elementare desideravano imparare a cucinare e a ricamare sotto la guida di una suora esperta in questi lavori donneschi. Erano numerose te ragazze frequentanti la scuola di lavoro, specialmente durante la stagione invernale, quando languivano i lavori dei campi, allora quasi unica occupazione per le donne, anche per quelle in giovane età. Durante la ricreazione pomeridiana, le ragazze scendevano in cortile insieme con i bambini dell'asilo e spesso giocavano insieme: il grande spiazzo, così affollato, si riempiva di grida, di richiami, di canti e di risa da sembrare una gran festa!
Quando il tempo o la stagione non permettevano di uscire nel cortile, si andava nel salone del teatro, sgombrato dalle seggiole, ammonticchiate in un angolo. Qui, per non sollevare troppa polvere dal pavimento in cemento rosso, bisognava fare giochi tranquilli ...
éil salone della scuola era occupato dalla pesca di beneficenza, il cui ricavato doveva servire per il mantenimento dell'asilo. E le suore? In tutti questi anni sono state molte a svolgere la loro benefica attività a favore dei bambini, dei ragazzi e della comunità di Vigo, ma fin dall'inizio tutte appartenenti alle Piccole Figlie di San Giuseppe. Allora indossavano un'ampia veste nera lunga fino a terra tanto che si vedevano a malapena le punte delle scarpe; portavano un colletto di tela bianca inamidata tanto grande da coprire le spalle e buona parte del petto; in testa avevano una cuffia di tela pure bianca e inamidata di cui si vedeva solo l'orlo sporgente da un lungo e ampio velo della stessa stoffa del vestito, velo che copriva le spalle e giungeva a mezza vita ...
Don Franco fu sempre orgoglioso della costruzione dell'asilo infantile e della scuola di lavoro. Grazie a questo i ragazzi potevano crescere con un insegnamento cristiano fin dalla giovane età e soprattutto, con l'arrivo delle suore, si era creata a Vigo una famiglia con cui poter confidarsi e da cui ricevere una parola dolce in qualsiasi momento.
Il 4 aprile del 1951, una orrenda strage colpisce il paese di Vigo che da allora per molti anni diverrà famoso in tutta Italia come "il paese di Bagolin". Benito Bagolin, 21 anni, trattorista presso la famiglia Barotto uccide con la complicità di un' altra persona, Teresa Barotto, Albina Princivalle e Annamaria Barotto. Sarà lo stesso Bagolin a portare la povera Teresa agonizzante all'ospedale e ad avvertire il parroco don Franco e il sacrestano Bruno dell'accaduto. In seguito venne poi arrestato dai Carabinieri di Legnago. Durante il processo che porterà all'ergastolo Bagolin e il bracciante Giovanni Faccio intervennero come testimoni anche il parroco e il sacrista avendo visto e parlato con Bagolin poco dopo l'accaduto. Questa brutta e oscura pagina di storia di Vigo, riportata in tutte le testate dei più importanti giornali italiani dell' epoca, resterà impressa come la più terribile e scabrosa tragedia che il paese ricordi dall'ultimo conflitto mondiale.
Sempre nello stesso anno il paese e il parroco aiutarono gli sfollati dopo la grande alluvione che colpì il Polesine. Le scuole elementari vennero chiuse per accogliere le famiglie ed il parroco sostenne con la fede e la preghiera le persone che avevano perso ormai ogni cosa, anche i propri cari.
Passarono gli anni e il paese sembrava ormai essere tornato alla normalità, nel 1953, a cento anni dalla morte di Pier Domenico Frattini, martire di Belfiore, don Franco contribuì alla pubblicazione del confortatorio di Monsignor Martini. Don Franco era contento dei suoi parrocchiani e sempre era pronto alle esigenze e all'assistenza alle famiglie di Vigo ma nel 1956 venne chiamato dai suoi superiori a reggere la ben più grande parrocchia di Quinzano. Dopo la sua morte, in suo ricordo venne posta una foto nella sacrestia.
Don Attilio Gobbetti:
l’8 dicembre 1956, divenne parroco don Attilio Gobbetti.
La sua ricchezza fu l'amore per i fratelli, per i giovani, che ovunque cercava per un dialogo sereno e costruttivo, per i più bisognosi e per gli ammalati che sempre visitava. Don Attilio proveniva da un passato di malattia e sofferenza. Durante la sua giovinezza, non ancora parroco andò ad assistere i lavoratori nelle miniere in Sardegna. In quel luogo tremendo si ammalò ai polmoni e tornò a Verona più morto che vivo. Dopo la sua ripresa presso un istituto di suore e divenuto parroco, il vescovo lo scelse come curato a Villabartolomea. La gente di Vigo lo ricorda ancora quando passava per il paese per andare a Villa con la sua bicicletta da corsa e lo chiamava scherzosamente" don Bartali". Nel 1956 divenne parroco a Vigo dove subito iniziò pienamente il suo ministero compiendo opere importanti; fece allargare l'edificio della scuola materna per comprendervi anche le aule per il catechismo, ricostruì il teatro adibendolo a cinema, installò in chiesa l'impianto di riscaldamento e di amplificazione.
Nel 1965 fece demolire le recinzioni esistenti sul lato sinistro della chiesa creando un ampio piazzale che fu poi asfaltato e illuminato dall'amministrazione comunale.
Nel maggio del 1977, a causa dell'umidità che aveva corroso gli intonaci della parre bassa dell'edificio e delle volte del soffitto che ormai presentavano crepe, con l'aiuto della mano d'opera degli abitanti di Vigo, vennero sistemate le pitture sui muri, tutti gli ornati in bianco e nero e gli stucchi alle colonne; venne restaurato, in seguito, il tetto della chiesa, risistemato il campanile ormai vecchio e pericolante e l'intero sistema campanario.
Sul campanile venne poi posto un nuovo orologio. Per la sistemazione delle campane don Attilio scrisse nel bollettino natalizio:
"Carissimi parrocchiani, il nostro paese vanta non solo di una bella chiesa, ma anche di un campanile di stile piacevole, dotato di un concerto di cinque campane alquanto pregiate per qualità di suono e di potenza.
Il loro valore è assai rilevante e sono frutto e testimonianza della generosità e dei sacrifici dei nostri padri; furono fuse, benedette e installate nel 1907.
Il loro suono è per tutti un richiamo a Dio e un invito a frequentare la chiesa; solennizza le nostre feste, i Matrimoni, i Battesimi, accompagna i nostri morti ed eleva persino una voce implorante nel pericolo di tempesta. Dopo 70 anni di ininterrotto servizio, esse abbisognano di urgenti e necessarie riparazioni ...
Il parroco, fiducioso nel generoso concorso di tutti, ringrazia sentitamente per questo dono natalizio per la nostra chiesa ... "
Don Attilio fin dai tempi del seminario fu sempre amante della musica e del canto; sebbene la chiesa non vivesse un periodo economico fiorente, affidò alla ditta Zarantonello il restauro dell'organo Ruffati, tuttora funzionante, assieme all' organista Zanetti Ennio di Vangadizza fondò una scuola di canto e una corale che dirigeva lui stesso e che anche oggi, grazie al suo insegnamento, allieta le celebrazioni liturgiche.
Le spese furono tante e così don Attilio, oltre a rivolgersi ai parrocchiani, all'amministrazione comunale e alla Curia vescovile chiese un contributo al Governo italiano, con lettere a ministri e senatori, e ricevendo poi anche una modica somma. Ebbe l'intenzione di far restaurare le due tele di San Martino e dell'Assunta, quest'ultima gravemente danneggiata, ma le pratiche furono lunghe e purtroppo non vedrà mai compiuta l'impresa.
Pochi mesi prima della sua morte decise di far dorare tutte le patene e i calici sacri usati per la santa messa, ormai brutti e rovinati.
Mancavano però i soldi e don Attilio senza perdersi d'animo chiese aiuto ai suoi parrocchiani.
Molti portarono bracciali, collane e anelli che vennero poi fusi e usati per la doratura. Con questo don Attilio compì la sua ultima opera a Vigo e dopo 29 anni di permanenza, gravemente ammalato ai polmoni, che mai erano guariti dall'esperienza della miniera, il 30 luglio 1985, si spense nell'ospedale di Legnago. L’ultimo a vederlo fu Ennio, l'organista, che andava spesso a trovarlo e a portargli vestiti puliti. Appena saputo della sua morte corse ad avvertire Suor Giuliarosa, la superiora, e il sacrista Bruno. Le campane suonarono a morto e l'intero paese, che sapeva le condizioni precarie del suo parroco si strinse subito in un commosso cordoglio.
Don Attilio Gobbetti, caro a Dio e amato da tutti resta tuttora nelle menti e nel cuore di chi lo ha conosciuto; un uomo umile e generoso, un prete che ha dedicato i migliori anni della sua vita per il bene della parrocchia, che ha dato corpo e anima per compiere fino in fondo il suo ministero, tanto da usare anche la pensione del padre per sistemare la situazione economica della chiesa. Disponibile in tutto per i suoi parrocchiani i quali, alle volte, vedendolo sofferente in volto gli raccomandavano di riposarsi. Lui rispondeva che stava bene e non aveva tempo da perdere per il riposo, sebbene il suo corpo fosse ormai allo stremo.
Così lo ricordò il Vescovo Amari durante il suo funerale, dove la gente, venuta da tutto il vicariato legnaghese, era così numerosa da riempire tutta la chiesa e parte del piazzale antistante.
Mai la chiesa di Vigo aveva visto così tante persone:
... Ecco L'eredità più preziosa che questo pastore lascia alla comunità di Vigo. Raccoglietela, cari fedeli e fate tesoro del suo testamento.
Ricordate come vi attendeva tutti la domenica, misurando con il cuore gli spazi vuoti? La Messa domenicale era tutto per lui e la preparava e la voleva partecipata con il canto, che lui stesso amava insegnare e dirigere.
Parlano di Lui le pietre; parlano le pietre vive di questa comunità, che siete voi, amici, fratelli, figlioli di Vigo. L'amore alla sua parrocchia: questo più di ogni altro mi sembra il tratto che delinea la sua presenza in mezzo a voi.
Usando un'espressione di don Mazzolari, di lui si può dire: "dopo la Messa il suo più grande amore fu la parrocchia". Don Attilio e la sua parrocchia! Ognuno di voi può testimoniare quanto ha amato questa comunità. Per essa si è dato senza risparmio, oltre le forze umanamente possibili.
Mai un giorno di riposo, se non costretto dalla salute minacciata dall'asma.
Non si allontanava dalla parrocchia se non per stretta necessità, e il suo ritorno allora era sempre atteso come quando si ritorna in famiglia.
E in questa famiglia, in questa parrocchia, profuse tutto il suo amore ...
Pochi giorni dopo il suo funerale, una commissione di parrocchiani scrisse una lettera a tutti gli abitanti del paese:
"Cari parrocchiani, la partecipazione ai funerali del nostro parroco don Attilio è stata una imponente espressione d'affetto. Le offerte, raccolte alle porte della chiesa, durante il suo funerale, e che saranno destinate, unicamente, alle opere parrocchiali, hanno visto la partecipazione corale, non solo degli abitanti del paese, ma anche di amici di altre parrocchie che, come noi, hanno voluto rispettare il desiderio di don Attilio di non avere fiori e di ciò tutti siano ringraziati. Poiché don Attilio, in vita, ha dato tutto per la parrocchia di Vigo, senza chiedere nulla per sé, è bene che in questa occasione, la nostra famiglia parrocchiale dia un segno di riconoscenza al suo parroco."
Dopo questa lettera l'intero paese di Vigo si fece carico delle spese funerarie e all'apposizione di una lapide nella chiesetta del cimitero del paese. Il resto delle offerte venne usato dal suo successore per risistemare la chiesa. Una foto venne posta nella sacrestia, accanto a quelle degli altri suoi predecessori. Sempre una sua foto è tuttora esposta, assieme ad una lettera scritta all'ospedale poco prima di morire, dietro all'altare, in fianco all'organo dove spesso andava per dirigere il suo amato coro.
Don Carlo Cristani: Nell'ottobre del 1985, qualche mese dopo la morte di don Attilio arrivò ad amministrare la parrocchia don Carlo Cristani che, seguendo le orme di don Attilio, continuò a portare avanti le sue iniziative pastorali e contemporaneamente si mise subito all'opera compiendo lavori importanti per la chiesa: dopo gli interventi alla sacrestia e all'impianto di riscaldamento compì un grande restauro alle due tele della Madonna del Rosario e di San Martino, già nell'intenzione di don Attilio: nel 1989 risistemò tutte le vetrate a mezzaluna della chiesa, cambiò l'orologio del campanile e dotò le campane di un nuovo impianto elettrico. Ma la sua più grande opera fu la totale ricostruzione del teatro parrocchiale oggi vanto e orgoglio della parrocchia. Con la costruzione del teatro rinasce a Vigo la passione per la commedia teatrale e viene a crearsi un gruppo teatrale ammirato e applaudito tutt'oggi nel basso veronese. Grazie al teatro si possono fare conferenze, feste, incontri interparrocchiali e moltissime altre attività che ormai Vigo aveva dimenticato.
Amante della montagna, don Carlo portava ogni anno i ragazzi al campo-scuola, tradizione che a Vigo non si era mai persa dai tempi di don Franco e ogni inizio estate, insieme ad un gruppo di giovani e adolescenti, proponeva il Grest a tutti i ragazzi della comunità.
Don Carlo è sempre stato una persona calma e con un grande spirito religioso, ogni cosa fatta è sempre stata compiuta con umiltà e discrezione, attento a capire più che a giudicare, lasciando spazio e concedendo fiducia a quanti vollero collaborare con lui per il bene della parrocchia e di una comunità di cui si è sentito padre e pastore: ogni anno passava per tutte le famiglie del paese per la consueta benedizione delle case, andava a trovare gli anziani nelle proprie case o alla casa di riposo e non mancava mai una visita agli ammalati in ospedale. Durante il ministero di don Carlo accadono due fatti importanti e difficili da dimenticare riguardanti le suore del paese. Dopo una brutta malattia muore suor Giuliarosa, la superiora che da anni svolgeva con amore il servizio all'asilo parrocchiale.
Suor Giuliarosa era una persona buona e dolce, aveva sempre un sorriso per tutti, anche quando era ammalata e a fatica riusciva a partecipare alla santa messa: con i bambini dell'asilo, che erano la sua vita, con i ragazzi, i giovani e con la gente che spesso andava a trovarla per cercare un consiglio materno.
Nel 1997 le suore, come in quasi tutti i paesi della zona, vengono richiamare dal loro servizio per mancanza di vocazioni.
A nulla servirono le proteste dei parrocchiani e così, dopo più di mezzo secolo di presenza nel nostro paese le suore partirono da Vigo.
Il 15 giugno del 1997, giorno della messa di congedo a Vigo, il maestro Alberto Bologna scrisse nel retro del bollettino parrocchiale:
“…ora, dopo più di sessant'anni, le suore lasciano la scuola materna, abbandonano Vigo, non certo per loro, ne per nostra volontà. Per prima cosa dobbiamo esprimere riconoscenza profonda alle suore presenti e a tutte le altre che servirono Cristo in mezzo alla comunità di Vigo, comprese pure coloro che hanno già ricevuto dal Signore il premio delle loro buone opere.
Ringraziamo altresì Iddio per averci concesso, per tanti anni, la presenza di queste religiose, presenza discreta, ma importante, da cui parecchi di noi hanno tratto innegabili benefici quando, nella nostra fanciullezza, abbiamo frequentato le aule e giocato nei cortili della scuola materna ...
Mi raccomando a questo punto: noi, che abbiamo accolto a braccia aperte queste Spose di Cristo quando eravamo povera gente, ora che abbiamo tutto il necessario ed anche il superfluo, ma perdiamo persone così benefiche, possiamo dirci veramente ricchi? Ad ognuno la risposta nel proprio intimo.”
Dopo la partenza delle suore, due anni più tardi, nell' ottobre del 1999, anche don Carlo, uomo umile e servizievole viene chiamato dai suoi superiori ad amministrare le parrocchie di Bevilacqua e di Marega dove tuttora risiede. La parrocchia resterà sempre grata del suo servizio e dell'amore che egli ha dedicato per così tanto tempo.
Don Moreno Roncoletta: Il 31 ottobre del 1999 arriva, dalla parrocchia di San Martino Buonalbergo, assieme alla mamma Anna e alla nonna Maria, don Moreno Roncoletta, parroco schietto e giovanile, amante della musica e del canto. Sotto il suo ministero nascono a Vigo un coretto di ragazzi delle elementari e medie e il coro dei giovani e adolescenti "San Luigi". Don Moreno si dedica soprattutto alla realtà giovanile, non solo della parrocchia, ma di tutto il territorio legnaghese diventando il responsabile della commissione giovani vicariale e compiendo iniziative religiose, di incontro e di festa per tutti i giovani della vicaria. Grazie a don Moreno e alla collaborazione del Vicario di Legnago don Paolo Beltrame e al direttore della Domus Pacis don Stefano Grisi, la realtà giovanile di Legnago, riesce in qualche modo a sollevarsi dalla crisi. Anche don Moreno compì, come i suoi predecessori opere importanti e bisognose per la parrocchia di Vigo: sistemò la sala del ricreatorio, la canonica e la sacrestia, restaurò gli ambienti dell'asilo e delle aule del catechismo, dotò la parrocchia di nuovi e preziosi paramenti sacri, fece restaurare alcune statue e crocifissi e, con l'aiuto dell' amministrazione comunale, sistemò gli impianti sportivi dietro la chiesa. Nel gennaio del 2003 iniziò il restauro della cappellina feriale, del tetto della chiesa e della facciata gravemente rovinati e pericolanti. Anche don Moreno continuò il grest estivo dei ragazzi, i campi saf per gli adolescenti, i campi diocesani per i ragazzi. Partecipò assieme ad alcuni giovani della parrocchia ad una esperienza con la comunità di Taizè, in Francia, alle giornate mondiali della gioventù di Roma 2000 e Toronto 2002 e ad un periodo di servizio di assistenza presso l'istituto portatori di handicap di Sarmeola (Pd). Un pregio che caratterizzò la sua persona era l'amore e la disponibilità per i più bisognosi; propose un sacco di iniziative a favore degli anziani, dei più poveri, delle missioni, dei disabili, delle varie associazioni umanitarie. Con don Moreno, grazie anche alla mamma Anna, sempre disponibile e instancabile, la canonica diventò un punto di ritrovo fondamentale e indispensabile per le esigenze della parrocchia. Ogni giorno suonavano alla sua porta decine di persone, in cerca di una parola di conforto, di qualche consiglio e a volte anche di richiamo. Nell'autunno del 2003 vi è per il vicariato di Legnago un gran subbuglio di trasferimenti. Il Vescovo di Verona Padre Flavio Roberto Carraro, decise il trasferimento di don Moreno, dopo soli quattro anni dal suo mandato, al paese confinante di Villabartolomea. Non si comprese bene questa scelta ma tuttavia la comunità ebbe ancora la fortuna di avere un nuovo sacerdote. Alcune parrocchie Legnaghesi restarono infatti senza parroco e vi era il rischio che anche a Vigo toccasse la stessa sorte.
Don Dario Ferro: Il l novembre 2003, venne chiamato come sacerdote don Dario Ferro. Nel settembre del 2004, dopo soli dieci mesi, per problemi personali e familiari, su richiesta del parroco stesso venne deciso il suo trasferimento.
Don Giovanni Gennaro: Il 12 settembre del 2004 arrivò ad amministrare la parrocchia don Giovanni Gennaro, giovane curato di Casaleone. La comunità, felice per l'arrivo di don Gianni, così chiamato da tutti, e della sua mamma Olga, nativa da Vigo stesso, spera che il nuovo e giovane sacerdote si trattenga a Vigo un po' più del suo ultimo predecessore, almeno per iniziare e portare avanti un cammino sano, sicuro e duraturo senza continui stravolgimenti e senza mai ripartire ogni volta da capo. La comunità è grata al nuovo parroco don Giovanni per l' entusiasmo avuto nel venire a professare il ministero sacerdotale proprio nella nostra parrocchia. Cercheremo tutti insieme di aiutarlo a svolgere questo difficile ma stupendo ministero che è il sacerdozio. Con don Giovanni si cercherà poi di iniziare il cammino dell'unità pastorale tra le vicine parrocchie di Casette e Vangadizza. Si porteranno avanti programmi comuni, si farà qualcosa insieme era ragazzi, giovani e adulti pur non perdendo mai il ruolo centrale e indispensabile della propria parrocchia. Ecco Vigo, con la sua storia e i suoi sacerdoti, che sempre hanno avuto cura e amato questo paese posto sulla sponda destra dell'Adige, dove l'alveo del fiume compie una leggera curva verso destra, in un paesaggio di solennità georgica, dove capita di trovare, qua e là, vestigia delle medioevali colombare, di capitelli e dove nel cuore del paese sorge la solenne Chiesa simbolo e cuore di una comunità legata alla fede, alla devozione e alla preghiera.
Don Lino Ghirelli:.
Mons. Antonio Cameran: 13 dicembre 2015.
Don Luciano Bozza: 4 dicembre 2016, attuale parroco.